Solidarietà al popolo Aquilano

Ancora una volta, dalle immagini televisive delle poche emittenti non controllate dal regime, emerge l’immagine di un paese allo sbando il cui onore e buon nome è mantenuto tale dalla moltitudine di cittadini senza volto che ogni giorno svolgono il loro lavoro.
Come già cantava Gaber, anch’io in questi momenti stento a riconoscermi in quest’Italia ma in ogni caso non mi posso dissociare dalla sua vicenda politica, economica, sociale.
Le terribili sequenze di un corteo manganellato da finanzieri in tenuta antisommossa mi hanno toccato ferendo il mio animo e facendo nascere quella rabbia mista a incomprensione, delusione e sconcerto interiore che da troppo tempo mi turba quando penso al mio Paese.

In una Roma capitale ormai sede quotidiana di manifestazioni e proteste, la maggior parte delle quali volutamente estranee al resto degli italiani per volere della censura dei principali network ieri si è rivissuta una pagina di storia forse dimenticata ma neanche tanto lontana. Gli uomini di potere sono intenti a discutere della sopravvivenza della propria coalizione sia essa di governo o di opposizione, chiusi in comode aule ristorate dal condizionatore e con la bottiglia di minerale sul tavolo, mentre fuori altri italiani con pari dignità ma un po’ meno importanti protestano per un diritto elementare (una casa, un lavoro, una vita dignitosa, ...). I primi sono così lontani dalla folla urlante che non si degnano neppure di dar loro una risposta ma inviano la forza pubblica per contenerli, per non farli sfilare, in fondo Roma è una città turistica, cosa possono dire gli stranieri. Qualcuno dice che il potere ha vergogna di loro e non intende farsi vedere, altri che invece sia in atto un vertice per garantirne la sopravvivenza politica ... poco importa, ... ci penseranno carabinieri e polizie varie a tenerli lontani ...
La risposta che questi uomini cercano è delegata a qualche intraprendente ufficiale di polizia che ordina una carica di alleggerimento ... viene manganellato addirittura un sindaco, un pubblico ufficiale, ma cosa importa. Il messaggio di rito della questura è già pronto: “appartenenti all’area antagonista e rappresentanti dei centri sociali che incitavano a forzare il blocco per strumentalizzare possibili disordini”.
La storia si ripete come già ebbe a scriverne il Vico, ma neppure questi uomini di potere, cui è lecito attribuire una certa cultura, si accorgono della similitudine dei fatti italiani con le vicende parigine di fine settecento.

Si scopre poi che motivo dell’impossibilità di fare il corteo sta nel fatto che fosse sia già presente una manifestazione di disabili. Certo c’è da temere che i black-bloc in carrozzella possano interagire violentemente con altri poveri disgraziati già provati da un evento sismico ... ma a chi vogliamo darla a bere? ... non è forse che entrambi i cortei sono insoddisfatti della gestione di questo momento di crisi; sono esasperati dall’osservare che la sola priorità del governo è licenziare un decreto che di fatto salva il fondoschiena di amministratori corrotti e ladri tutelandone la privacy nei confronti degli organi di polizia.
Mi sembra tuttavia di rammentare che non più tardi di qualche mese fa, una manifestazione già autorizzata in sostegno dell’acqua pubblica si stesse svolgendo a Roma ma nessun problema, venne sollevato da parte della questura per farne sfilare un’altra, a favore del governo (anche in quel caso una ridicola dimostrazione di forza da parte di una maggioranza regolarmente eletta e che a dire del suo leader godeva del consenso di oltre il sessanta per cento degli italiani).

Da valsusino ho ben chiaro cosa significhi soffocare una protesta civile espressa con rispetto della democrazia da parte delle forze di polizia; quegli stessi cittadini in divisa cui il governo avrebbe tagliato anche le tredicesime. Mi sono chiesto più volte cosa possa passare nella testa di un celerino nel momento in cui comincia a percuotere un uomo inerme; quale violenza debba scatenarsi per proseguire nel pestaggio anche quando una donna cade a terra ed è palesemente inoffensiva (fatto accaduto nei pestaggi in Valle di Susa).

Esprimo quindi la mia piena solidarietà al popolo aquilano, non compiangendone le disgrazie ma cercando con loro di raddrizzare ancora una volta lo sguardo dell’uomo onesto che non ha nulla di cui vergognarsi davanti ai venditori di illusioni ed ai politici, capaci di cavalcare la folla solo quando se ne ricava un diretto consenso da spendere in sede elettorale o per riguadagnare punti, quando è incapace di risolvere altri impellenti problemi a livello nazionale quali: la disoccupazione, la crisi delle famiglie che non riescono a raggiungere il ventisette del mese, la scuola, volutamente svuotata di valori e le migliaia di giovani il cui futuro si delinea immancabilmente nella disoccupazione o nell’emigrare come i loro nonni...

Infine un pensiero rivolto ai rappresentanti del popolo, liberamente eletti e degni rappresentanti dei loro elettori di cui un giorno sì e l’altro pure, non dimenticano di sciorinare il ritornello di avere ricevuto il mandato di governare e di onorare il patto sottoscritto in sede elettorale.

Un bel pugno in pieno viso ad un parlamentare la cui unica colpa è di non appartenere al proprio schieramento politico e di svolgere anch’egli il proprio mandato: fare opposizione. Dopo l’atto violento di due parlamentari del Popolo delle Libertà, a ben poco valgono le scuse dell’onorevole Bonaiuti. Alle persone oneste, un pugno dato da un parlamentare al collega deputato in un’aula del parlamento della Repubblica forse meriterebbe qualche cosa in più che delle scuse.

Se io mi produco in un simile atto sul posto di lavoro rischio il licenziamento, se lo faccio per strada, vengo per lo meno fermato e condotto in commissariato ... e per un parlamentare quali sono le conseguenze?

Bruno

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