Affondata sul lavoro


Di Gramellini

Quasi duecentomila sardi fra i 18 e i 32 anni hanno partecipato al gioco di una catena di distribuzione intitolato «Vinci il tuo posto di lavoro». Una bambina bendata ha estratto i quattro nomi che avranno diritto a un posto di commesso al supermercato, il prossimo anno. Non è una gag, è una notizia. L’ho letta ventisette volte e ancora non riesco a crederci.

Non riesco a credere che il lavoro sia diventato un premio sorteggiabile come una pentola o un biglietto della Lotteria Italia. Non riesco a credere che sia stato accolto come un successo di marketing l’immenso numero dei partecipanti, spia di una situazione economica drammatica, tanto più che in palio non c’era un impiego fisso (il famoso concorso da vigile urbano) ma un lavoro precario e poco remunerato. E se anche riesco a credere, senza nessuno sforzo, che qualche managerino rampante si sia inventato l’iniziativa, non mi capacito che il sindacato l’abbia avallata allargando le braccia: «Di questi tempi è meglio di niente» ha detto un dirigente locale della Cgil. Soprattutto non riesco a credere che l’opinione pubblica digerisca un evento così avvilente per la dignità umana senza riscuotersi dal torpore in cui sembra precipitata. Eppure l’articolo 1 della Costituzione recita ancora: «L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro». Andrebbe aggiornato: «Fondata sulla raccomandazione e sull’estrazione». L’unica alternativa possibile, a quanto pare.

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