Berlusconi ad Onna

Avvertenza: questo post non è mio, ma lo condivido solamente sul mio blog in quanto non sarei capace di scrivere meglio e accuratamente.


L'arrivo del presidente era previsto ad Onna per le 15,30. Alle 14 ero già lì. Decisa ad entrare fra e con i cittadini. Cittadini pochissimi, spiegamento enorme di forze dell'ordine e protezione civile e croce rossa e dame di carità e misericordia e tantissimi giornalisti. Entro senza problema. Mi accolgono le macerie di Onna che vedo, dal vivo, per la prima volta. Una curva, si apre davanti a me lo scenario delle casette mobili. Villaggetto colorato, fiori alle finestre. Il prato solo davanti ad una casa, quella che servirà per il set. Le altre hanno terra battuta coperta di paglia. Mi avvicino, apro una porta e varco l'uscio. Vedo un'abitazione che mi fa pensare ad una roulotte, ma decorosa e vivibilissima. Mi guardo intorno in cerca di cittadini. Nulla. I comitati avevano preparato degli striscioni e stavano arrivando alle 14,30, come da appuntamento. Decido di tornare all'ingresso del paese, dove si era stabilito di incontrarci. Appena arrivano i ragazzi del 3e32, la polizia si fa avanti. L'ordine è quello di non farli passare. E li bloccano. Io sono dall'altra parte. Dentro. Auto blu, sirene. Arriva Bruno Vespa. A seguire il presidente. Qualche cittadino arriva alla spicciolata. Mai avevo visto Berlusconi dal vivo.

Fa impressione: una statua di madame Tussauds è molto più espressiva e mobile. Suda. Entra nell'unica casina col prato davanti. Mi rendo conto di essere invisibile. Ma voglio parlargli. Aggiro la casetta per raggiungere un'altra entrata. Improvvisamente un gruppo di signore, mai viste alle riunioni dei comitati, srotola uno lenzuolo, debitamente conservato in borsa. A seguire un altro. Recitano quello che vedete nelle foto. Il presidente esce dalla casina ed urlo con tutta la voce che ho, lui è lì a due passi, "presidente, venga a parlare con i cittadini", "presidente venga a sentire le nostre istanze". Subito un nugolo di poliziotti mi oscura, ma ora urlano anche le altre, "presidente, esistiamo anche noi, non solo i cittadini di Onna, questo non è un teatro, 50.000 sfollati chiedono di rimanere sulla propria terra".




Lui suda e si allontana verso l'asilo. Qui iniziano i discorsi di rito. Ma intanto la stampa si è accorta di noi. E ci intervista. Sento degli applausi, voglio vedere chi applaude, se è Aquilano. Cerco mani che battono e non le trovo. Ma gli applausi ci sono, escono da un altoparlante. Come in una sit com. Dopo il nauseante discorso del vescovo Molinari, che d'amblé riconcilia i vescovi con il malcostume presidenziale, esaltando l'uomo del fare,il nostro decide, vista la protesta, di abbreviare la cerimonia e, sotto i fischi, si allontana. Nel frattempo, sono riusciti ad entrare, attraversando i campi, anche i comitati, con un altro striscione. La festa è finita. Noto che l'ottanta per cento dei presenti era gente di fuori, in divisa. Ma noi, stavolta, ci siamo fatti sentire. Incredibile, ci sono riuscite le donne delle nostre frazioni. Le massaie, mamme di famiglia. Qualcosa si sta muovendo. Non so cosa si riuscirà a vedere in televisione della nostra protesta. Probabilmente poco o nulla. Ma c'è stata. Ora tutti a Roma, per la manifestazione di sabato. Per la libertà di espressione. E per reclamare il diritto di vivere in un Paese democratico.

Articolo condiviso grazie al consenso di Anna, scrittrice di questo ottimo spunto di riflessione.
Potete trovare la sua storia e le sue esperienze su questo blog, mentre l'articolo nella sua forma originale in questa pagina.



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